Camminavo verso il letto, nel buio. Inciampai nel rumore vuoto di un sacchetto, ne uscirono diciotto
Insignificanti
Pezzi di esistenza, proiettati su un interno di tram:
l’insegna di un negozio
di protesi ortopediche;
ragazzi che ridono;
un sogno appannato di pioggia, lontano;
un vecchio barbuto, che respira a fatica;
un uomo seduto in fondo che legge, e mi ricorda qualcuno;
un uomo che traffica con un barattolo di latta;
di là dal finestrino passa un luogo nel quale un paio di anni orsono assistetti a violenti scontri tra forze dell’ordine e manifestanti armati di bastoni, sassi, estintori;
e il ricordo del volto di una donna
vestita d’azzurro
che amavo;
il vecchio barbuto è sommerso dalla gente, riemerge, gli indico un posto, si siede senza parlare, respira ancora a fatica;
l’uomo che legge si aggiusta gli occhiali, noto che manca del tutto la stanghetta destra;
l’uomo con barattolo di latta fa cadere il coperchio tra le scarpe dei passeggeri, il rumore riecheggia ansiogeno, l’uomo si china goffo e raccatta il coperchio, si guarda intorno astioso, senza motivo; lo fa sparire nel paltò;
a un certo punto mi sembra quasi di scorgere
all’angolo
le facce
di due amici
da tempo abbandonati,
immersi nel calore di una estate furiosa
passata da troppo tempo;
e la puzza, la puzza, la puzza infinita
di tutti i passeggeri del mondo;
e a un certo punto il vecchio con la barba si alza, prende per mano il suo respiro affannoso, scompare;
mentre ci penso mi distraggo, e perdo la fermata, scendo a quella dopo;
mi accorgo che il vecchio era ancora sul tram, scende con me, se ne va per i fatti suoi;
lo guardo camminare, va nella mia stesa direzione, cono poco sforzo lo raggiungo: magari è un genio, esaudirà un mio desiderio;
non accade.
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