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Nel caldo appiccicoso di una mattina, qualche giorno dopo, Peone si ritrovò così a salpare da solo verso la città a bordo di una fetida corriera. Non l’aveva mai presa prima ed era dubbioso, chiese all’autista se effettivamente la corriera portava a T*****. – Si, va bene – disse quello, fissando assorto la strada, mostrando molto zelo nel suo mestiere. L’autista aveva una barba molto curata, e l’aria di essere un ragazzo davvero serio e dabbene, tanto che fece su Peone un certo effetto e lo convinse a non disturbare più una figura così importante: anche se, francamente, si sarebbe aspettato una risposta più cordiale.
– Sarà l’uso della città– si disse il Nostro. L’autobus pesantissimo partì con una certa fatica, iniziò a solcare il mare di campagna, i campi e le rimesse come onde. Ogni tanto si fermava nel bel mezzo di qualche minuscola borgata, per caricare viaggiatori e farne scendere altri. Dopo un’ora di viaggio il paesaggio iniziò a cambiare, la strada si ingrossò, apparvero più camion e automobili, a scapito dei carretti e dei viaggiatori a piedi o in bicicletta. Fu con una certa meraviglia che Peone avvistò, lontani, i gabbiani di una discarica, e fu colpito da un odore che faceva sembrare quello del letame il migliore dei profumi. Ma accadde un fatto ancora più stupefacente; in uno di quei paesi che segnano il confine della città, quelle terre dubbie dove le villette a schiera e gli orti abusivi si mischiano a quello che resta dei campi, dei canali e dei terreni incolti, salì un passeggero che attrasse immediatamente, con la sua sola presenza, tutta l’attenzione di Peone. Era una ragazza di venticinque anni, bionda e alta quanto il nostro eroe, se non di più. Aveva ‘aria di essere straniera. Indossava esclusivamente dei cortissimi pantaloncini, e una maglietta: entrambi i capi di abbigliamento erano di un viola robusto; portava inoltre una gigantesca borsa dalla quale spuntava la parte superiore di uno scatolone col simbolo della nota marca di detersivi D**** - Peone ci mise un po’, realizzare questo, perché a leggere non era mai stato tanto bravo; e inoltre concorrevano a distrarlo le braccia e le gambe nude, e i capelli della bella. La donna parlava al cellulare,e Peone si permise di origliare la conversazione di un personaggio di tale spessore. Purtroppo la discussione si svolgeva in una lingua completamente incomprensibile, e la ragazza non faceva altro che rispondere:
- Da.
- ...
- Da.
- ...
- Da-aaa...
L’ultimo “Da” usci strascicato assieme a una bolla di cingomma che la fanciulla stava, nascostamente, masticando: Peone ne fu talmente esterrefatto che sussultò, attraendo su di se l’attenzione. Un grosso uomo coi baffi ridacchiò, la ragazza decisamente sembrava indifferente, l’autista fissava la strada e si lisciava la barba; gli altri astanti continuarono tranquillamente a non esistere.
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