La nausea prevale sulla fretta, il paragrafo resta interrotto, spezzato, ucciso. Il caldo soffocante lo squaglia, poi lo coagula. Resto a fissarlo, completamente ebete. Vado a comprarmi una schifezza alle macchinette. Inutile. Merda. Il posto è una merda, sono nella merda fino al collo. Esco, nient’altro da fare.
Fuori dalla biblioteca il sole secca la nausea, mi appendo al vento come un gabbiano, cammino veloce. Il tempo di riavermi e mi abborda una sui sedici anni; le noto tra le braccia, come un cazzo di bambino, il giornale della lotta comunista. Lei stride: primo maggio, guerra in Libia, contro! telegraficamente. Alzo al cielo una bestemmia, come una bandiera, come una lancia, in resta! la uso per trapassare la sventurata (che non risponde). Me la svigno, protetto dall’impunità del mio passo frettoloso di passante puntuale. Un passante qualunque.
Dei coglioni in giro con quegli stronzi dei loro cani al guinzaglio, che fanno un baccano micidiale. Coglionaggine onnipervasiva: la coglionaggine che tutto domina e impregna emerge come isola dalla pozzanghera nera della mia emicrania, battuta dal sole primaverile nelle vie argentate della città, insopportabili. Appare una giovane dall'espressione completamente animale e si siede, un tipo la accosta e le offre un bicchierino fumante preso al bar e cominciano con voci di roditori a ripassare le guerre sannitiche: mentre il tipo si gratta i coglioni nella maniera più sfacciata e la donna-sorcio ne ridacchia; un tale dall'aria normale si avvicina a una manifesto sbiadito degli 883 e ci scrive o disegna qualcosa con dei pennelli per le mani -così pare, non riesco a vedere- e si allontana facendo come dei piccoli minuscoli segni della croce verso la sua opera; e poi mi viene incontro un paio di mocassini con infilati dentro i piedi di un cretino, che ha perlomeno la buona idea di scostarsi e lasciarmi passare; il tutto in una manciata di secondi. Menate su menate. Traffico medio da pomeriggio in centro. Mentre attraverso la grande piazza il vento mi dà l’impressione di aiutarmi: vento in poppa: ma arriva più di lato. Da davanti e di lato. Però sorprendentemente l’impressione è quella di un vascello, vento in poppa. Poi cambia direzione. Mi si struscia sui pantaloni ma senza fare fusa. Anzi sembra un cane che fa le feste; troppe; dopo un po’ rompe i coglioni.
Ti amo.
RispondiElimina